Regista: Pierre Schoeller
Titolo originale: L'exercice de l'État
Durata: 115'
Genere: Drammatico
Nazione: Francia
Rapporto:
Anno: 2011
Uscita prevista: Cannes 2011,18 Aprile 2013 (cinema)
Attori: Arly Jover, Zabou Breitman, Michel Blanc, Olivier Gourmet, François Vincentelli, Laurent Stocker, Abdelhafid Metalsi, Brice Fournier
Sceneggiatura: Pierre Schoeller
Trama, Giudizi ed Opinioni per Il ministro - L'esercizio dello Stato (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Titolo originale: L'exercice de l'État
Durata: 115'
Genere: Drammatico
Nazione: Francia
Rapporto:
Anno: 2011
Uscita prevista: Cannes 2011,18 Aprile 2013 (cinema)
Attori: Arly Jover, Zabou Breitman, Michel Blanc, Olivier Gourmet, François Vincentelli, Laurent Stocker, Abdelhafid Metalsi, Brice Fournier
Sceneggiatura: Pierre Schoeller
Trama, Giudizi ed Opinioni per Il ministro - L'esercizio dello Stato (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Fotografia: Julien Hirsch
Montaggio: Laurence Briaud
Musiche: Philippe Schoeller
Scenografia: Jean Marc Tran Tan Ba
Costumi: Pascaline Chavanne
Trucco: Michelle Constantinides
Produttore: Jean-Pierre Dardenne,Luc Dardenne,Denis Freyd
Produttore esecutivo: Delphine Tomson, André Bouvard
Produzione: Archipel 35, Les Films du Fleuve
Distribuzione: P.F.A. Films, Feltrinelli Cinema
Montaggio: Laurence Briaud
Musiche: Philippe Schoeller
Scenografia: Jean Marc Tran Tan Ba
Costumi: Pascaline Chavanne
Trucco: Michelle Constantinides
Produttore: Jean-Pierre Dardenne,Luc Dardenne,Denis Freyd
Produttore esecutivo: Delphine Tomson, André Bouvard
Produzione: Archipel 35, Les Films du Fleuve
Distribuzione: P.F.A. Films, Feltrinelli Cinema
La recensione di Dr. Film. di Il ministro - L'esercizio dello Stato
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Note dalla produzione:
INTERVISTA AL REGISTA, Pierre Schoeller
Perché ha scelto di raccontare, minuto per minuto, la vita di un Gabinetto ministeriale?
La genesi del progetto risale a 8 anni fa, prima ancora che scrivessi Versailles. Volevo mettere da parte la conquista del potere, i problemi di politica partigiana, le lotte intestine e concentrarmi invece sulla pratica del potere, lo Stato, visto attraverso coloro che lo incarnano e che vi si votano.
La forza del gabinetto ministeriale è innanzitutto una forza lavoro. L’inchiesta che ho condotto mi ha confermato che questi uomini sono "atleti dei documenti" che lavorano sotto una pressione costante. Tutto è questione di velocità. Non si può rallentare il ministro a nessun costo, anzi è necessario incoraggiarlo e sostenerlo costantemente. Nutrirlo di positività. I suoi collaboratori più stretti fanno un lavoro di training positivo, soprattutto quando deve fare i conti con una sconfitta: «Lei è stato formidabile», «Era esattamente quello che occorreva dire»... Tutto questo favorisce quel distacco dalla realtà che circonda le cariche più alte.
Ha scritto la sceneggiatura pensando ad alcuni attori in particolare?
Prima scrivo, poi penso agli attori. La ricerca del cast è stata lunga. Un casting è fatto di incontri. Michel Blanc, per esempio... Quello del capo di Gabinetto era un ruolo che gli sarebbe piaciuto svolgere da molto tempo. Lo appassionava la serenità e la stabilità del personaggio. Gilles incarna non soltanto l'autorità ma anche le radici, le fondamenta; ciò che resta, e resterà, dello Stato. È insieme mentore, consigliere ed eminenza grigia. Il capo di Gabinetto forma una coppia con il ministro. Sono due personaggi complementari. L’uno determina l’altro e viceversa. Sono le due facce di uno stesso pensiero.
Perché ha scelto Olivier Gourmet per il ruolo del Ministro?
Nel copione il ruolo del ministro era davvero immenso e avevo bisogno di un attore straordinario per impegno, capacità emozionale e semplicità umana. E tutto questo passa innanzitutto attraverso un corpo. Volevo filmare la politica ma unicamente a condizione di farlo nella sua indole. Volevo che questo ministro avesse un’implicazione viscerale, un sentimento, che mostrasse le sue nausee, le sue ebbrezze, i suoi momenti di collera cosi come quelli di tenerezza.
Quello che seguiamo è sempre il corpo. Saint—Jean si irrigidisce, sanguina, gioisce, si ubriaca, ride...
Da qui l’attacco con un sogno erotico che si traduce in un’erezione. È perfettamente calato nella vita. Per recitare tutto questo Olivier Gourmet era l’attore perfetto. Olivier rende umano un uomo sotto pressione, quasi allucinato che deve sopravvivere, affrontare gli imprevisti, essere fermo e crudele, perché c'è una guerra, un duello, delle unghiate, delle umiliazioni... Ho detto a Olivier «Devi essere Marlon Brando». E mi ha risposto ridendo : «Va bene, ma ho bisogno di te!». Inoltre era necessario che la combinazione del casting fosse buona. Ho fatto una scommessa mettendo
insieme Olivier e Michel, che non avevano mai lavorato insieme, che venivano da mondi cinematografici diversi. Non ho fatto prove, ognuno era il personaggio che interpretava.
E il personaggio dell'addetto alla comunicazione? Come ha incontrato Zabou Breitman?
Zabou è stata un’alleata preziosa. Il copione era fitto, molti personaggi, scene di gruppo, grande velocità nella recitazione, un flusso continuo di dialoghi che avevano qualcosa di spettacolare. Avevo bisogno di un'attrice che avesse un senso acuto della messa in scena per potersi calare nei panni di Pauline. Zabou, con grande delicatezza e humour ha portato uno sguardo lucido, quasi chirurgico sul ministro. È la sola che riesce a dire a quest’uomo la verità, qual è il suo difetto. Ed eviterà di lasciare la sua carica. Ho lavorato molto con Zabou leggendo il copione. È riuscita a rendere vivi certi momenti troppo tecnici grazie alle sue trovate, come per esempio il dettaglio delle calze, che cambia in macchina.
Come mai ha affidato il ruolo di Martin Kuypers, il disoccupato che diventa l'autista del ministro, a Sylvain Deblé, attore non professionista?
Per Kuypers volevo un volto nuovo, mai visto. Kuypers incarna i sentimenti nascosti, confusi, talvolta contraddittori che si provano nei confronti della classe politica. Il suo silenzio è innanzitutto una forma di diffidenza, una protezione. E questo volevo che venisse fuori senza che fosse studiato a tavolino ma con la più grande sincerità. Se avesse recitato, tutto questo sarebbe andato perso. Sylvain Deblé ha Superato ogni mia aspettativa. Nella scena dell'incontro nel Gabinetto ministeriale, per esempio, riesce a imporre la sua presenza pur di fronte a un Michel Blanc, che detto tra noi, cattura sempre l'immagine. La densità che Sylvain è riuscito a dare al personaggio di Kuypers ci ha impressionati tutti. E poi in alcuni momenti è davvero comico, se questo disoccupato dovesse concedere anche solo una piccola parte di sé stesso a questo ministro sarebbe fritto. Kuypers prende le sue 4 settimane di stage ma nulla di più. Chiaramente la storia lo contraddirà...
Il film non è privo di effetti spettacolari. Non è facile vedere una cascata come quella. Può dirci qualcosa, anche se vuole mantenere la sorpresa?
Come dice Saint—lean, bisogna «stupire, creare effetti che lasciano senza fiato»! La scena di cui parla ha quasi il valore di una punizione. Bisogna metterla in relazione con alcune battute: «Il popolo è diffidente e ha sempre il diritto di diffidare perché non ha il potere»
Perché ha optato per il ministero dei Trasporti?
Una delle prime intuizioni del film era un uomo che dorme e che viene brutalmente svegliato perché devono annunciargli che c'è stato un incidente autostradale, dei morti, dei bambini... Passa dalla tranquillità a una scena di totale caos. Incarnare la parola "pubblico", trovare le prime risposte a questa tragedia, le parole giuste... Fin dai primi minuti lo spettatore è proiettato in qualcosa di viscerale. Mi sembra fosse lospin che raccontava che aveva dovuto far evacuare 200mila persone per far detonare una bomba nascosta e che aveva aspettato tutta la notte per vedere com'era andata a finire. Lo Stato non dorme mai. Ecco perché ho pensato al ministro dei trasporti... D’altra parte mi interessava che il personaggio del ministro non fosse una figura regale. Ho evitato i grandi problemi della Giustizia e degli Interni. Con un ministro dei Trasporti si può inventare tutto!
Aveva in mente un modello di uomo politico mentre scriveva il copione?
Avevo piuttosto degli anti-modelli. Volevo evitare il cinico, non volevo fare di Saint-Jean un puro manovratore — anche perché questi personaggi durano poco. Ma volevo anche evitare il giusto che segue un ideale, un modo di essere pronto a scappare dalle responsabilità. Volevo auscultare un vero animale politico, e penso che Saint—Jean lo sia. Non è lì per caso, ha un dono per il suo lavoro, anche se ha ancora molte cose da imparare. La vera difficoltà, però, dalla sceneggiatura alle riprese, la mia ossessione costante, è stata che volevo inventare dei caratteri, delle personalità politiche che fossero a sé stanti. Saint—Jean, Gilles, il Presidente...
Se ho capito bene questa è la stessa logica che ti ha portato a non legare Saint-Jean ad alcun partito particolare?
Esattamente. Per quasi due ore dimentichiamo i problemi di destra e sinistra. Guardiamo il potere, i suoi riti, i suoi umori, la sua salute, il suo sangue, la sua libido. E anche questa continuità dello Stato. Ci imbattiamo anche con il nostro rapporto con la democrazia, questo grande divorzio tra loro e noi. Mentre andavo avanti con le riprese mi è venuto un pensiero ricorrente, quasi un'ossessione, che tenevo per me: e si, quei Gabinetti di governo tengono parte della nostra vita nelle proprie mani. Quindi dobbiamo porre attenzione a ciò che vi succede.
Da dove arriva l'idea del testo e dei messaggi di allarme in sovrapposizione sullo schermo?
Mi piaceva I’idea che lo schermo fosse fagocitato da una valanga di parole. Come la maggior parte di noi anche questi servitori dello Stato subiscono la stessa velocità, la stessa dipendenza tecnologica. Lo smartphone ha ulteriormente accelerato la circolazione delle informazioni. Questi sms che saltano fuori in pieno dialogo sono un’altra immagine che questo onnipotere del verbo è costantemente là. Il verbo è il sangue dello Stato, un flusso permanente. D’altra parte, un ministro non si riduce solo a un uomo. Si danno a Bertrand Saint—Jean delle parole, delle azioni, delle posizioni. E questo “si" si riferisce al Gabinetto: c’è la figura del ministro e l’uomo che la incarna. Il ministro un po' come una maschera greca è una figura in cui si viene ad abitare. Il gabinetto gli fornisce incessantemente degli argomenti. Anche la linea politica del ministro Saint-Jean è frutto di un’elaborazione comune di Bertrand Saint—Jean e del suo fedele Gilles. Questo può riportarci a delle domande circa la responsabilità individuale. Il potere, che ci piacerebbe ridurre alla figura del capo, non diventa forse ancora più complesso, sfuggente, quando pensiamo a questo collettivo che sta dietro di lui e che lo genera?
E cosa simboleggia il sogno iniziale?
Questo sogno è arrivato subito. Che lo vogliamo 0 meno la politica abita un luogo di uomini. La storia subisce questa onnipresenza virile. Le figure femminili esistono ma gravitano intorno alla storia, che si tratti della moglie del ministro, delle collaboratrici o della moglie di Kuypers... Il sogno è come l'annuncio di questo dominio maschile con un'antifrasi: questa donna nuda, questa Eva, ci porta all’interno del cervello di un uomo. Di chi si tratta?... Può essere Marianna, simbolo della Repubblica. Può essere lo stesso Saint—lean divorato dalla sua carica. O, più in generale, la figura di Eros, prima dell’irruzione di Thanatos, la morte, anticipazione dell’incidente, allarme incosciente... infine questo prologo era per me un modo di porre ciò che più mi premeva: la pratica del potere prima di essere un problema di linguaggio è un problema di eccitazione, una tensione tutta fisica, un demone, un diavolo nel corpo Saint—Jean, prima ancora di sapere se siamo nella menzogna o nella verità, è un corpo che parla.
Lei ha presentato IL MINISTRO come la seconda parte, dopo VERSAILLES, di una trilogia. Di cosa si tratta?
Versailles era un film sui privilegi, visti dal punto di vista degli esclusi. Al contrario, Il Ministro è un film sul potere e su una certa impotenza francese del politico. Vi troviamo il disamore del popolo nei confronti dei dirigenti. L'ebbrezza della funzione e a momenti la depressione del personale politico. È una cosa di cui si parla poco, ma il malessere dei membri del gabinetto, che si chiedono a cosa servono e se non sarebbero più utili nella vìta privata, è profondo.
Ecco i primi due episodi. Quanto al terzo, dovrebbe parlare della Rivoluzione francese, del Terrore, 1793, ma non posso dire di più perché ancora non c’è nulla di scritto.
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