
Regista: Ken Loach
Titolo originale: The Angels' Share
Durata: 106'
Genere: Commedia, Drammatico
Nazione: Regno Unito, Francia, Belgio, Italia
Rapporto:
Anno: 2012
Uscita prevista: Cannes 2012,13 Dicembre 2012 (cinema)
Attori: Roger Allam, John Henshaw, Daniel Portman, William Ruane, Lorne MacFadyen, Paul Brannigan, Jasmine Riggins, David Goodall, Finlay Harris
Sceneggiatura: Paul Laverty
Trama, Giudizi ed Opinioni per La parte degli Angeli (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Titolo originale: The Angels' Share
Durata: 106'
Genere: Commedia, Drammatico
Nazione: Regno Unito, Francia, Belgio, Italia
Rapporto:
Anno: 2012
Uscita prevista: Cannes 2012,13 Dicembre 2012 (cinema)
Attori: Roger Allam, John Henshaw, Daniel Portman, William Ruane, Lorne MacFadyen, Paul Brannigan, Jasmine Riggins, David Goodall, Finlay Harris
Sceneggiatura: Paul Laverty
Trama, Giudizi ed Opinioni per La parte degli Angeli (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio:
Scenografia: Fergus Clegg
Produttore: Rebecca O'Brien
Produzione: Entertainment One, Sixteen Films, Why Not Productions, Wild Bunch
Distribuzione: Bim Film
Montaggio:
Scenografia: Fergus Clegg
Produttore: Rebecca O'Brien
Produzione: Entertainment One, Sixteen Films, Why Not Productions, Wild Bunch
Distribuzione: Bim Film
La recensione di Dr. Film. di La parte degli Angeli
Ben fatto.
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Colonna sonora / Soundtrack di La parte degli Angeli
Potrebbe essere disponibile sotto, nei dati aggiuntivi (clic qui).
Voci / Doppiatori italiani:
Nanni Baldini: Robbie
Ambrogio Colombo: Harry
Luigi Ferraro: Albert
Alessia Amendola: Mo
Stefano Crescentini: Rhino
Valentina Favazza: Leonie
Carlo Valli: Rory Mcallister
Massimo Rossi: Thaddeus
Sergio Lucchetti: Dobie
Davide Perino: Anthony
Paolo Vivio: Clancy
Benedetta Ponticelli: Mairi
Cristina Boraschi: Madre Di Anthony
Paolo Marchese: Annunciatore Stazione
Corrado Conforti: Willy
Luca Biagini: Beanpole
Oliviero Dinelli: Jim Vincent
Roberto Certoma': Battitore D'asta
Carlo Sabatini: Giudice
Enrico Di Troia: Procuratore
Personaggi:
Paul Brannigan: Robbie
John Henshaw: Harry
Gary Maitland: Albert
Jasmin Riggins: Mo
William Ruane: Rhino
Siobhan Reilly: Leonie
Charlie Maclean: Rory Mcallister
Roger Allam: Thaddeus
David Goodall: Dobie
Roderick Cowie: Anthony
Scott Kyle: Clancy
Joy Mcavoy: Mairi
Alison Mcginnes: Madre Di Anthony
Ford Kiernan: Annunciatore Stazione
Scott Dymond: Willy
Jim Sweeney: Beanpole
Paul Birchard: Jim Vincent
Robert J. Goodwin: Battitore D'asta
Informazioni e curiosità su La parte degli Angeli
Note dalla produzione:
INTRODUZIONE
Paul Laverty - Sceneggiatura
Il nostro film precedente era una storia drammatica. Con questo progetto abbiamo voluto non solo esplorare un tono diverso, ma anche cercare di dare vita ad un altro registro. Abbiamo avuto fin dall'inizio la sensazione che fosse una specie di fiaba: benché i personaggi ci sembrino in qualche modo familiari, spero che venga percepita la loro forza e la loro malizia e che possano suscitare affetto. Quanto meno nella nostra immaginazione, è un tentativo di racconto al tempo stesso realistico e magico: una favola su un talento sprecato e su cosa può succedere quando la vita ci offre un'occasione.
Abbiamo riflettuto su due situazioni semplici e al tempo stesso cruciali che meritano di essere esplorate. Avere un figlio è un'esperienza meravigliosa che ti cambia la vita per sempre, proiettandoti automaticamente nel futuro e suscitando quesiti pratici ed esistenziali di natura molto profonda. Il passato, il presente e il futuro diventano in qualche modo diversi quando devi prenderti cura di un altro essere umano. Il secondo spunto viene dal mondo in cui
viviamo oggi, dove molti, specialmente i giovani, non avranno un lavoro regolare nella loro vita. Queste due realtà si fondono nel personaggio di Robbie e offrono straordinarie potenzialità drammatiche.
Robbie ha un passato tragico e dopo un'infanzia caotica immaginiamo che abbia scontato una pena nel carcere minorile Polmont. Ripeterà con suo figlio quello che lui ha vissuto con suo padre e suo nonno? La disoccupazione di terza generazione non è infrequente in molte delle nostre città e per Robbie è una possibilità concreta, visto che il padre della sua ragazza lo considera un buono a nulla. È un grande passo guardarsi allo specchio e dire: ‘Allora, sono un
perdente o posso concludere qualcosa nella mia vita, nonostante tutto quello che passato?’. In una simile domanda c'è una tensione drammatica, sia verso il mondo esterno, sia verso il mondo interiore. Non è soltanto il mondo a non fidarsi di lui, e per validi motivi, è lui per primo a non essere sicuro di avere in se stesso la forza di cambiare, quindi figuriamoci le persone che lo circondano.
Robbie ha bisogno di dare una svolta alla sua vita ed è a questo punto che appare il personaggio di Harry, un uomo che ha vissuto anch'egli situazioni difficili, avendo perso la sua attività e la sua famiglia. Secondo me tendiamo a dimenticare l'importanza delle circostanze fortuite e fortunate della vita, non pensiamo che incontrare la persona giusta al momento
giusto possa cambiare il corso di un'esistenza, soprattutto in un momento di vulnerabilità. Una piccola intuizione, una breve esperienza, un gesto di generosità d'animo possono produrre risultati duraturi. Lo sperimentiamo continuamente.
Anche durante la preparazione di questo film, ho incontrato adulti che lavorano con ragazzi che hanno un grande
entusiasmo. I giovani hanno una vita molto dura in Gran Bretagna: troppo spesso sono considerati in modo stereotipato come pigri, avidi, inconcludenti. Harry è quel genere di uomo che vede le potenzialità di una persona, una caratteristica che ho riscontrato parlando con molti supervisori che seguono i ragazzi condannati a svolgere lavori socialmente utili. Non
è un compito facile e alcuni supervisori sono autoritari e non riescono a interagire con i giovani, ma i più creativi, i più fantasiosi, incoraggiano i ragazzi e li fanno ridere, riuscendo spesso a comunicare molto meglio con loro e spingendoli a dare il meglio di sé, soprattutto i ragazzi che nella vita sono stati più sgridati che ascoltati.
Mentre mi documentavo in vista della della realizzazione del film, ho avuto la fortuna di conoscere Paul (Brannigan) che ha finito con l'incarnare Robbie, il protagonista del film.
Kenny MacAskill, un vecchio amico con cui feci il praticantato come avvocato quasi 30 anni fa, mi aveva consigliato di incontrare John Carnochan, un agente di polizia che ha diretto la Violence Reduction Unit di Strathclyde. John ha una vasta esperienza e il suo approccio è affascinante e lontano da ogni stereotipo. Durante il lavoro che ha svolto con le bande di Glasgow, la sua squadra ha esaminato i punti caldi e i momenti più pericolosi della settimana, in particolare il venerdì sera, quando troppo spesso alcolici a buon mercato, adrenalina e poche cose da fare si assommano nel peggiore dei modi.
Per questo motivo John e i suoi colleghi hanno deciso di collaborare con tutti gli organizzatori di partite di football della città il venerdì sera: meglio sfidarsi in un gioco che in una rissa. Ho chiesto a John di mettermi in contatto con chiunque lavorasse a quell'iniziativa e uno dei molti personaggi affascinanti che ho incontrato è stato Paul. È un ragazzo molto intelligente e riflessivo. Ha vissuto molte esperienze dure, ma ha una sua solidità. Ha riunito alcuni dei giovani del gruppo che stava guidando che così hanno avuto l'occasione di divertirsi alle spalle di un cineasta. Abbiamo
chiacchierato per un paio d'ore. È stato caotico e divertente e Paul è stato bravissimo a gestire i ragazzi. Ha una naturale presenza discreta e si percepiva chiaramente il rispetto che suscitava in tutti.
Dopo quel giorno, l'ho incontrato molte altre volte, me lo sono annotato mentalmente e ho parlato di lui con Ken. Quando si è trattato di selezionare il cast, io volevo a tutti i costi che Paul ne facesse parte, ma la scelta si è rivelata leggermente più complicata del previsto.
Indubbiamente Paul sarebbe stato in grado di raccontare la storia con parole sue. Quando è finalmente salito a bordo e ha fatto la prima improvvisazione, abbiamo percepito che aveva qualcosa di speciale e man mano che andavamo avanti vedevamo crescere la sua fiducia in se stesso. Ha un carisma naturale, un volto straordinario che esprime le esperienze di vita vissuta e quindi un senso di vulnerabilità che era molto importante per il personaggio.
Nutrirò sempre un profondo rispetto per la disponibilità che ha Ken di assumersi dei rischi e assegnare il ruolo del protagonista di un suo film a qualcuno che non ha alcuna esperienza di recitazione. Lo ha fatto con Kes, con Sweet Sixteen e ora di nuovo con questo film. Ci vuole coraggio, ma penso che Paul ci abbia resi orgogliosi. E c'è un che di fiabesco anche nel modo in cui Paul ha avuto la parte.
Il mondo del whisky è pieno di intriganti contraddizioni e come tale molto accattivante. Quando ho saputo che c'è uno stormo di oche che fa la guardia a un magazzino di whisky, ho realizzato che è un universo che ha aspetti potenzialmente comici.
Attribuisco a mio cognato, Angus McConnel, la responsabilità di avermi introdotto nel meraviglioso mondo delle distillerie dei single malt, da Bladnoch nel sud della Scozia a Old Pulteney nel nord, con molte sbornie nelle tappe intermedie. A un certo livello, è un'arte scientifica, empirica, che richiede una grande maestria. Ma a un altro livello, presenta aspetti quasi magici legati alla qualità, dalla caratteristica forma dell'alambicco, alla botte particolare che forse in passato si è impregnata di sherry spagnolo in un angolo ben preciso di un "magazzino dunnage"(3) dove ha prodotto un whisky unico.
C'è qualcosa di esotico in quelle migliaia di barili che invecchiano per anni al buio, controllati a intervalli regolari dal responsabile del magazzino simile a un mago del passato, (non il luogo ideale dove trascorrere ore a girare, come può confermare la troupe!) e in quelle meravigliose distillerie sulle montagne, vicine ai torrenti o in riva al selvaggio Atlantico. Il concetto della quota degli angeli è affascinante: quella preziosa percentuale che se ne va evaporando per sfuggire all'homo sapiens e all'esattore. È un'arte in cui si mescolano poesia e stupidaggine, mito, marketing, professionalità, mistificazione, snobismo e, naturalmente, il piacere puro e genuino di praticarla.
Un meraviglioso intruglio fatto di tanti aspetti e sfumature. Ricordo la prima volta che in un pub di terz'ordine sentii un vecchio ordinare un "piccolo volatile di bassa quota", ovvero un sorso di Famous Grouse(4), sovrastato dalla sua mezza pinta con il sorriso sulla faccia. All'altro estremo, un importante commerciante di Londra mi ha raccontato di un principe arabo che ha acquistato una bottiglia di whisky per 32.000 sterline in un hotel del Kent e, dopo essersela scolata con gli amici, ha comprato altre due bottiglie che superavano le 20.000 sterline. Charlie Mclean, un autentico esperto di whisky e un entusiasta di grande generosità, mi ha iniziato alla complessità dei nostri sensi e alle meraviglie di quel nostro umile organo che è il naso. Lo stesso ha fatto con il palato. Annusare e assaggiare il whisky non saranno mai più la stessa cosa.
E tuttavia, malgrado il giro d'affari multimilionario che lo scotch genera a livello internazionale e la sua associazione con la nostra identità culturale, sono rimasto sorpreso nel constatare quanti giovani scozzesi non abbiano mai gustato la nostra bevanda nazionale. Ma mi ha sbalordito ancora di più il fatto che molti dei ragazzi che svolgono lavori socialmente utili ottemperando a un'ordinanza del tribunale non abbiano mai avuto modo di apprezzare la campagna, le montagne e i luoghi meravigliosi dove il whisky viene prodotto. È strano: sia whisky sia la bellezza sono sulla soglia di casa nostra, ma sono irraggiungibili.
Ci sono migliaia di Robbie e di Rhino in giro e mi piace l'idea che possano imparare a godere delle cose belle della vita più di un principe arabo, se viene offerta loro una possibilità.
N.d.T.
(3) Magazzino tradizionale costituito da costruzione bassa con pavimento a terra nuda e non più di tre file di botti accatastate una sull'altra
(4) Grouse significa pernice
Ken Loach
Perché questa storia?
Verso la fine dello scorso anno, il numero di giovani disoccupati in Gran Bretagna ha superato per la prima volta il milione. Volevamo raccontare una storia che riguarda questa generazione di giovani che spesso ha come prospettiva un futuro vuoto. Sono pressoché certi che non avranno un'occupazione, un impiego fisso, un lavoro sicuro. Che effetto ha questa
consapevolezza sulle persone e come vedono se stesse?
Numerosi suoi film precedenti erano ambientati a Glasgow. Perché l'ha di nuovo scelta per questo film?
Storie analoghe si possono trovare anche in altre città, come ad esempio Liverpool, Newcastle o Manchester, e probabilmente in alcune aree delle Midlands, ma Paul viene dalla costa occidentale, quindi Glasgow corrisponde al suo linguaggio ed è il luogo dove scrive meglio.
Inoltre, è una città talmente intensa che ci è sembrata il luogo ideale per ambientare il film: la sua forza è nella cultura della gente, nel suo senso dell'umorismo, nell'atteggiamento che ha nei confronti della vita e nelle pagine di storia che sono state scritte lì. Si tratta di una cultura molto collettiva e tutt'altro che individualista e tuttavia la gente ha le stesse difficoltà che ha in qualsiasi altra città.
Perché una commedia?
Per amore di contraddizione in realtà! Abbiamo sempre voglia di seguire un percorso inaspettato. Abbiamo fatto un film come Sweet Sixteen, che parla di ragazzi, più giovani di questi, in una situazione altrettanto impossibile, che finisce tragicamente. Ma quello stesso genere di personaggi nella vita vivrà eventi a volte comici e a volte tragici. E quindi abbiamo pensato di scegliere una situazione comica.
La realizzazione di una commedia è in qualche modo diversa da quella di un film più serio?
No, in realtà il processo è identico, come immagino sia identica l'estetica di fondo. A dire il vero, nel film l'aspetto comico di solito scaturisce dall'interazione tra le persone, dalle battute che si scambiano, dagli equivoci che nascono o dal tempo che impiegano a farsi una ragione di qualcosa. Non è una slapstick comedy. In un certo senso di tratta di una storia che contiene qualche sorriso, più che di una commedia dall'inizio alla fine, cosa che di sicuro non è, visto che ci sono un paio di momenti piuttosto cupi.
Ad ogni modo, il processo è lo stesso: si tratta di cercare di creare situazioni o di consentire a dei personaggi di superare una serie esperienze che devono essere divertenti nel loro svolgimento per divertire! Se un film vuole essere tagliente o duro, deve essere tagliente o duro, se vuole essere freddo, deve essere freddo. L'obiettivo è unicamente quello di mostrare interazioni veritiere tra persone situate in un contesto realistico. Poi, se nella vita reale fanno sorridere, sorriderai anche vedendole su uno schermo, se nella vita reale fanno piangere, piangerai o ti arrabbierai o quant'altro vedendole su uno schermo.
Qual è stato il punto di partenza La parte degli angeli?
L'essenza di un film è sempre costituita dalla sceneggiatura e dall'identità dei personaggi. Poi c'è la scelta degli attori. Li abbiamo cercati a lungo e abbiamo visto molti ragazzi per il ruolo di Robbie. La selezione è un graduale processo di eliminazione. Incontri molte persone che potrebbero andare bene, ma non esattamente nel senso che vuoi tu. La scelta dei luoghi fa parte del lavoro di preparazione e in questo caso per farlo abbiamo dovuto visitare molte distillerie, il che non è stato affatto complicato!
Ci può descrivere Robbie?
È un giovane che ha avuto un'infanzia molto dura ed è rimasto coinvolto in episodi violenti, ha scontato una pena piuttosto lunga in un carcere minorile e adesso sta davvero cercando di rimettere in sesto la sua vita. È intelligente e riflessivo e ha incontrato una ragazza a cui tiene molto e con cui sta avendo un figlio. Ma dal punto di vista dei genitori di lei la loro relazione è disastrosa, perché lo considerano solo un teppistello e un giovane criminale e il padre della ragazza conosce molto bene quella realtà.
Possiede dei club, ha fatto fortuna e si è trasferito in un quartiere migliore, ma sa di provenire dallo stesso ambiente modesto da cui proviene Robbie e quindi sa che quel giovane non ha praticamente alcuna possibilità di farsi una vita degna di questo nome e dunque men che meno di garantirla a sua figlia e a suo nipote.
Per questo motivo, per tutelare gli interessi di sua figlia, ricorre ai metodi della strada per separarli. Si può arrivare a provare empatia per lui, non a condividere le sue tattiche, ma a comprendere il suo dilemma. Se hai una figlia che ha una relazione con un uomo che probabilmente traffica droga, che è sicuramente un violento, che non ha lavoro, né sbocchi per il futuro, sai che non puoi fare a meno di preoccuparti.
Robbie è in una fase in cui deve lottare per essere padre, per essere genitore, per guadagnarsi in qualche modo da vivere e mantenere la sua famiglia e all'inizio non sa come farlo, non vede una via d'uscita alla sua situazione. Ovviamente ha perso l'opportunità di studiare, perché viene da un mondo dove la delinquenza è la norma per molti adolescenti come è stato lui. Come venir fuori da questo empasse? Sostiene di essere determinato, ma quando il tuo universo e la tua prospettiva hanno confini così stretti è molto difficile trovare un'alternativa.
Come fa a decidere quando scritturare attori affermati, come nel caso di Roger Allam in un ruolo come quello di Thaddeus?
Non ho scelto Roger perché è un attore affermato, ma perché lo conosco e so che ha un certo tipo di presenza in certe situazioni: ti fa intuire che sta architettando qualcosa, ma non riesci a determinare cosa. Abbiamo visto anche molte altre persone per quel ruolo, ma nessuna aveva quell'aria che ti spinge a pensare che stia tramando qualcosa di sospetto che tu non sei abbastanza scaltro per capire cosa sia. Il tutto condito di senso dell'umorismo. Esiste un tipo di
furfanteria che ti fa sorridere e lui è perfettamente in grado di incarnarla, senza doverla esprimere.
E il resto del cast?
Sono tutti fantastici. È stato bellissimo lavorare di nuovo con William [Ruane], fa sempre piacere avere nel cast qualcuno su cui sai di poter contare e attraverso cui sai di poter spesso dirigere indirettamente gli altri. Se gli dai un'indicazione, lui è talmente professionale da inglobarla in quello che fa. Sapevo che avrebbe suscitato una reazione particolare negli altri, senza che questi si rendessero conto che venivano diretti. Credo che fosse un po' di tempo che Gary [Maitland] non recitava, ma in passato aveva interpretato due dei nostri film ed è un tipo molto… beh, ci fa sorridere. Ha l'aria di uno che vive in un universo parallelo che funziona in base a leggi diverse dal nostro. Ma ha anche una presenza molto positiva dotata di sano umorismo e quando lo colpisce qualche disastro provi empatia nei suoi confronti. Jasmin [Riggins] è stata una delizia: è una ragazza simpatica, molto spiritosa, ma piuttosto caustica e ha una presenza notevole e ben definita.
La parte per cui abbiamo cercato a lungo un'attrice è stata quella della ragazza di Robbie, Leonie. Pensavamo che sarebbe stato il ruolo più facile e invece si è rivelato quasi il più difficile, perché era essenziale calibrare l'appartenenza al ceto sociale. Grazie ai soldi guadagnati da suo padre, la famiglia di Leonie si è trasferita e lei non frequenta la stessa gente di Robbie e degli altri. Suo padre ha cercato di offrirle un contesto più borghese. Tuttavia è abbastanza vicina al mondo di Robbie per comprenderlo. Trovare un'attrice in grado di incarnare tutto questo è stata una bella sfida. C'erano diversi elementi da bilanciare: non doveva essere una ragazza di classe, ma neanche una troppo di strada, doveva essere una che Robbie ritenesse un buon partito. Abbiamo cercato a lungo un'attrice e continuavamo a tornare su Siobhan [Reilly]. È davvero una ragazza incantevole e straordinaria.
Dovrei anche dire qualcosa su Charlie Maclean. Paul aveva scritto il personaggio di Rory e aveva incontrato Charlie in veste di esperto di whisky, quindi aveva ovviamente in mente lui in quei panni. Avrebbe dovuto farci da consulente e Paul mi ha detto: ‘Dovresti incontrarlo’.
Dopo che l'ho conosciuto è diventato inevitabile affidargli il ruolo di Rory. Se immagini un attore nei panni di questo personaggio, immagini qualcuno con le sembianze di Charlie, ma sarebbe stato difficile trovare un attore con la conoscenza, l'interesse sincero e l'autentico apprezzamento per il whisky che lui naturalmente ha.
In che modo il whisky funziona come metafora in questo film?
Appena parlo di whisky a livello metaforico, mi addentro in un terreno pretenzioso! Penso si debba lasciare al pubblico questo compito. Il parallelo è con Kes. In quel film l'uccello è ovviamente lo spirito libero che il ragazzo non riuscirà mai a essere, ma anche allora non abbiamo mai parlato in termini di metafora. È stato il pubblico a percepirla.
Come sono andate le riprese?
C'è stato un intoppo iniziale: sono caduto e questo ha provocato un leggero ritardo che ci ha infastiditi. A parte questo, i produttori sono stati così scaltri da riuscire spesso ad anticipare e risolvere preventivamente i problemi prima che si verificassero. Si sono comportati come un'orchestra armoniosa, con David Gilchrist, il primo aiuto regista, a dirigere i violini. Probabilmente se la caverebbero senza direttore d'orchestra.
Filmare una commedia è più divertente?
A dire il vero è sempre un lavoro complesso. Mi sveglio la mattina con i sudori freddi e penso: ‘Riuscirò ad arrivare alla fine della giornata? Ce la faremo a finire?’. Sono troppo sotto tensione per riuscire a divertirmi. Certo, succedono invariabilmente cose divertenti nel corso di una giornata, ma la sensazione prevalente che ho al mattino ruota intorno al lavoro che devo riuscire a portare a termine e a quella piccola onda di panico che mi assale per il timore di non farcela. Una parte del lavoro di un regista consiste nel celare il panico interiore, perché non lo può lasciare trasparire.
Prova ancora queste sensazioni dopo aver fatto tanti film?
Ogni giorno, per tutto il giorno, sì. Anche nei giorni che sembrano relativamente facili, ho sempre la sensazione di dover scalare una montagna e non sembra diventare più facile. Alcune cose risultano più semplici, perché ho imparato quali scorciatoie posso prendere e come riuscire a cavarmela, ma lo sforzo fisico che compio annulla questi benefici. È un lavoro che richiede molta energia: non puoi mai rilassarti, perché se lo fai se ne accorgono tutti e il livello di energia cala. E se diminuisce il livello di energia, l'interpretazione degli attori ne risente.
Un regista deve generare adrenalina per "accendere" gli attori. Non puoi avere un set del tutto serafico e aspettarti delle interpretazioni forti. E non è giusto lasciare l'onere agli interpreti. Non puoi sederti rilassato a guardare un monitor e dire: ‘Bene, tocca a voi, forza’.
Gli attori hanno bisogno di percepire tensioni e pressioni costruttive e tra loro deve circolare energia costruttiva in modo che possano innescarsi reciprocamente. È compito del regista generare questo clima. Quello che avviene davanti alla macchina da presa, quello che gli attori hanno negli occhi, come interagiscono tra loro sono fattori fondamentali.
Per questo il regista deve ritmare i piccoli picchi di energia, consentire momenti di rilassamento durante le fasi di allestimento delle scene, di spostamento, di preparazione del set in generale e poi ridare la carica. E per farlo deve ricorrere a piccoli espedienti: a volte gli basta semplicemente correre avanti e indietro e precipitarsi su di loro con la macchina da presa. L'energia che qualcuno può emanare è contagiosa. È il motivo per cui considero i monitor mortali: quando un regista si trincera dietro a un piccolo schermo, si taglia fuori e smette di essere uno strumento di comunicazione. Equivale a dire: ‘Che lo faccia qualcun altro’.
Cosa sapeva del whisky prima di realizzare questo film?
Non molto e non ne so molto neanche ora, a parte il fatto che devi annusarlo più che assaggiarlo e la cosa mi piace. L'idea di riuscire davvero ad apprezzare le sfumature in una bevanda ha qualcosa di molto originale: non devi solo ingollarla e farla fuori subito, devi assaporarla.
Cosa spera che ricavi il pubblico da questo film?
Spero che si diverta a conoscere i suoi protagonisti, in particolare i giovani che vengono tacciati di essere 'piccoli criminali' o 'parassiti scansafatiche' o quant'altro, e che si renda conto che in realtà sono persone reali, complete, genuine, spiritose. E che per ognuno di quel milione di disoccupati citato dalle statistiche c'è un ragazzo che ha davanti un futuro con pochissime speranze. Tra questo milione di ragazzi noi ne presentiamo quattro. Non è interessante conoscerli? Non sono complessi e preziosi, degni di avere qualcosa? Spero che il pubblico veda questo mentre si gode la storia.
Come si inserisce La parte degli angeli tra i suoi precedenti lavori sui giovani?
Nei miei film passati i ragazzi avevano dei ‘progetti’, come questi quattro hanno il progetto di far soldi attraverso il loro naturale talento olfattivo per il whisky. Il ragazzo protagonista di Sweet Sixteen deve trovare i soldi per una roulotte per sua madre. Billy Casper in Kes deve addestrare il gheppio. Incarnano tutti quell'idea di una persona che viene generalmente ignorata, che ha un progetto, che forse riuscirà a portare a termine o forse no, che ha entusiasmo, voglia di impegnarsi e un talento che nessuno sospetta.
Suppongo sia la vecchia immagine dei fiori sul luogo di un bombardamento: negli ambienti più improbabili accadono cose straordinarie. I giovani vengono scagliati alla deriva in un mondo che, nel complesso, non ha tempo per loro. Non arrivo a dire che non esiste problema che un impiego non potrebbe risolvere, ma un mestiere vero e sicuro o un'arte o un lavoro risolverebbero gran parte dei problemi che questi ragazzi, e molte persone in generale, si trovano ad affrontare.
Noi esseri umani siamo definiti dal nostro lavoro, non è vero? Che tu sia un artigiano o un operaio specializzato nel settore edile, un falegname, un intonacatore o quant'altro, è quella la tua identità ed è quella la percezione che hai di te stesso. Oggi sono tante le persone che non hanno questo. Sono solo quello che viene detto loro di essere, ovvero 'richiedenti di sussidio', 'assistiti' e vengono scrutati costantemente, nel timore che imbroglino. Che senso di valore puoi attribuire alla tua vita in questa situazione?
REBECCA O'BRIEN
Le riprese
Il primo giorno delle riprese, un giorno importante, Ken è stato così premuroso da voler riportare il piatto della sua cena ai ristoratori e così facendo è inciampato su un gradino e ha battuto la testa. Una brutta caduta che ci ha costretti a sospendere le riprese per tre settimane.
Poiché giravamo in sole sei settimane, è stato un inconveniente non da poco: abbiamo dovuto mettere in attesa una serie di persone e chiedere ad attori e tecnici di rendersi disponibili per altre tre settimane. Ma grazie al cielo hanno accettato tutti senza creare problemi perché erano ansiosi di fare il film.
Per quanto riguarda il resto delle riprese, beh, quando giri una commedia è sempre più divertente. Il tempo in Scozia non è sempre perfetto e sicuramente non lo è stato mentre giravamo. Ricordo il giorno in cui stavamo filmando in un cimitero che dà su tutta Glasgow. Un posto bellissimo, in cima a una collina, ma si gelava dal freddo malgrado fosse metà giugno. Io indossavo cappello e guanti.
È stato meraviglioso girare fuori da Glasgow, andare a Edimburgo e nelle Highlands. Quando esci da un contesto urbano e ti ritrovi a filmare in luoghi stupendi in mezzo al nulla, la gente che vi abita è felicissima di vederti, di sapere che stai girando un film. In quelle situazioni, fare un film è un piacere assoluto.
Michael Higson, il nostro responsabile delle location, ha lavorato alla produzione per nove mesi, visitando distillerie. Fortunatamente gli piace il whisky. Le persone di tutte le distillerie dove abbiamo girato sono state molto accomodanti e disponibili. Nella Distilleria Balblair è ambientata l'ultima parte del film, l'asta. Nella Distilleria Glengoyne abbiamo girato gli esterni della prima distilleria che il gruppo visita, mentre gli interni sono quelli della Distilleria Deanston. Un paio di notti prima che arrivassimo, a Deanston c'era stato uno spaventoso temporale che aveva provocato un enorme blackout che aveva interrotto tutte le lavorazioni dell'impianto. Ma invece di preoccuparsi per il loro prodotto, erano più che altro in ansia di far ripartire a pieno regime i macchinari per consentire le nostre riprese!
Per l'asta volevamo un luogo remoto e che avesse l'aspetto remoto, in modo che fosse credibile l'esistenza di un'unica strada verso sud. Ci tenevamo anche ad avere i tetti a pagoda, volevamo che fosse un ambiente pittoresco e che rappresentasse tutte le bellezze della Scozia. Una sorta di luogo da sogno, di mondo fantastico, a cui una persona può solo aspirare. Quindi Michael ha visitato molti posti e la Distilleria Balblair aveva queste caratteristiche. Ricordo che quando ho visto la loro foto pubblicitaria ho immediatamente pensato: ‘Sì! È quella giusta’. È a un'ora di macchina a nord di Inverness e intorno non c'è praticamente altro: ad ovest, ci sono solo montagne, ma poiché è situata sulla costa orientale, non sono aspre come le Highlands e i colori sono incantevoli.
Le tre distillerie che abbiamo scelto hanno tutte una gestione indipendente, un po' come le case di produzione cinematografica indipendenti e ci sono molte analogie nei modi di lavorare, quindi si sono riconosciute in noi. Abbiamo scoperto che il mercato migliore della Balblair è la Francia. Eravamo fatti gli uni per gli altri!
Abbiamo avuto un sostegno incredibile anche da molti altri produttori di whisky che ci hanno regalato le loro bottiglie da usare nel film. Non abbiamo avuto la possibilità di mostrare sufficientemente i loro nomi, quindi mi scuso con loro. Possono almeno consolarsi sapendo che lo scotch è stato tutto usato per una buona causa: una bottiglia a ogni attore e ogni tecnico del film!
FERGUS CLEGG
All'inizio l'idea era quella di girare sull'isola di Islay, dove originariamente era ambientata la storia. Ci siamo recati sull'isola e abbiamo visitato tutte le distillerie, ma a livello logistico era troppo oneroso e così, a circa due settimane dall'inizio del mio lavoro per il film, ci siamo resi conti di non poter scegliere Islay. A quel punto abbiamo dovuto dedicare i quindici giorni seguenti a fare di corsa un giro di ricognizione delle distillerie sulla terraferma. Charlie Maclean ci ha aiutato molto nella ricerca delle location e gli abbiamo anche chiesto di segnalarci se qualcosa stonava per quanto riguardava ogni aspetto del whisky.
La difficoltà è consistita nel fatto che avevamo un'immagine idealizzata della distilleria perfetta e vedendone alcune abbiamo pensato che fossero molto caratteristiche. Poi però ci rendevamo conto che i macchinari non erano giusti. A molte distillerie è stata strappata l'anima. Nelle più grandi, la tendenza è verso l'industrializzazione del processo produttivo. Quindi, scoprivamo degli edifici interessanti esternamente, ma quando entravamo trovavamo un uomo in una stanza di vetro che premeva bottoni e non era un'immagine molto romantica.
La produzione del whisky è un procedimento magico, che trasforma un cereale in una bevanda molto ricercata. Si tratta di una trasformazione sorprendente e l'industria del whisky sfrutta questo aspetto. Originariamente la sceneggiatura di Paul comprendeva molti di questi elementi, ma ci siamo resi conti che alcuni di essi sono ormai piuttosto rari. I pavimenti per la germinazione, per esempio, non esistono quasi più: il maltaggio dell'orzo viene fatto altrove e poi il malto viene riportato nelle distillerie. Quindi vari elementi di quel patrimonio e di quella tradizione sono già scomparsi. Noi cercavamo un insieme di situazioni di impatto visivo che riflettessero le fasi di lavorazione del whisky, ma è stato pressoché impossibile trovarle in un unico posto.
Abbiamo iniziato a cercarle nei pressi di Glasgow e ci siamo via via allontanati percorrendo un raggio sempre più ampio. Abbiamo trovato la Distilleria Balblair, dove abbiamo ambientato la scena clou del film, nella seconda metà. È situata molto a nord ed è fantastica, immersa in una campagna incantevole, dove siamo stati accolti da persone che ci hanno aiutato tantissimo.
Per quanto riguarda le scene ambientate in città, Ken ci tiene molto a evitare un approccio stereotipato. Non è stato facile trovare l'appartamento di Harry. È un uomo che ha appena subito un grosso cambiamento nella sua vita: il suo matrimonio è andato in frantumi, ha perso la sua attività e i suoi mezzi di sostentamento e sta ricominciando da zero in una nuova città e in un nuovo alloggio. Ma è evidentemente un tipo impegnato in quello che fa e determinato nel voler aiutare questi giovani a dare una svolta alla loro vita. Volevamo quindi un appartamento che non sembrasse troppo opulento. La difficoltà di filmare in un alloggio di quel tipo sta nell'accessibilità che offre a una troupe cinematografica: le stanze devono essere di determinate dimensioni ed avere grandi finestre e una disposizione agevole per posizionare le macchine da presa e muoverle, poiché per Ken la qualità della luce è essenziale e vuole sfruttare il più possibile la luce naturale.
Abbiamo visto una quantità infinita di appartamenti per trovare quello di Harry, ma l'aspetto positivo di Glasgow è che molti degli edifici che ospitano alloggi di quel tipo appartengo a enti di edilizia popolare e quindi hanno un sapore autentico. Malgrado il loro aspetto imponente, di fatto alloggiano persone dello stesso ceto sociale del nostro personaggio. Alla gente del sud della Gran Bretagna possono sembrare eccessivamente grandi e decorati, ma in realtà sono coerenti con la storia di Glasgow e il tenore di vita degli inquilini.
Per l'appartamento di Robbie abbiamo cercato una situazione tipo squatter e l'abbiamo trovata nella zona di Possilpark. Ha una straordinaria vista su Glasgow e su tutti gli edifici degli anni '30. È un'area che ha una reputazione talmente brutta che la stanno radendo al suolo e ricostruendo. Per questo abbiamo trovato un edificio quasi interamente vuoto dove abbiamo ambientato l'alloggio dell'amico di Robbie presso cui Robbie ha una stanza. È molto essenziale, molto ridotto, nessuna decorazione, solo brandelli di moquette sul pavimento. Paul Brannigan, che interpreta Robbie, è stato un senzatetto, quindi ha vissuto veramente questa esperienza e ci ha dato delle indicazioni molto precise. Un giorno, quando è arrivato, gli abbiamo chiesto cosa doveva esserci nella sua stanza e lui ha risposto ‘niente’. Solo un materasso, un cuscino, un lenzuolo sopra la finestra e una borsa nera con alcuni indumenti.
La cosa curiosa è che ci ha raccontato che teneva un pezzo di cartone sotto il letto che usava come asse da stiro sul pavimento. Quindi c'era comunque un'attenzione per il proprio aspetto ed è forse l'ultima cosa che uno riesce a controllare. Oh, e ha anche detto che teneva un'arma in un angolo, un pezzo di metallo o un machete, nel caso entrasse qualche malintenzionato.
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